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Ritorno al Passo del Giovà
Ritorno al Passo del Giovà
Ritorno al Passo del Giovà

Ritorno al Passo del Giovà

Ponte Nizza (PV)/ impegnativo / 80 km / 1800 D+

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DESCRIZIONE

Ogni tanto ci piace ritornare sulle nostre prime strade zitte. La prima volta che ci siamo stati, si pagava ancora con le lire. Tranne il fatto che si paga in euro, qui nulla è cambiato.

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Stessa strada, stessa osteria, direbbe Jannacci. Stessa salita, stessa fatica, anzi un po’ di più perché gli anni passano, stesso meraviglioso e desolato paesaggio. La desolazione e il caldo sono fattori certi di conservazione, elementi che salvano questi luoghi dalla incomprensibile e smaniosa necessità di seconde e terze case. Anche se qualche tentativo di villette a schiera si è spinto sin quassù.

Cegni, poi i tetti di Negruzzo visti dall’alto, la vecchia seggiovia, che qui non ti aspetti,  il tentativo (fallito) di speculazione edilizia tra il pian dell’Armà e il Pian del Poggio. Pochissime, anzi quasi nessun’anima in zona, oltre a noi, solo silenzio, caldo, fatica e salita …oltre ad un piacevolissimo ristorante all’Armà, in prossimità della seggiovia e di quello che è stato un improbabile tentativo di stazione sciistica degli anni ’70. Notevole la qualità della cucina e la gentilezza del ristoratore. Parecchia la neve che cade qui in alcuni inverni, qualcuno si avventura con le pelli, altri con le ciaspole. Ogni tanto si sente di qualche escursionista disperso. Sono posti dove non è facilissimo orientarsi. Sono posti fantastici per chi apprezza l’outdoor selvaggio, anche se a volte l’outdoor selvaggio, se affrontato con leggerezza, è causa di problemi.

Venendo qui a pedalare ad aprile non è improbabile trovare neve, o addirittura non riuscire ad arrivare al Brallo dalla Colletta. La strada è per un buon tratto in ombra e la neve spesso copiosa, si conserva a lungo, coprendo la strada.

Posti che richiamano molto i mondi raccontati nelle canzoni di Paolo Conte. Ma una birra fa gola di più, in questo giorno appiccicoso di caucciù… Mondi che a noi gente di città sembrano lontani nel tempo e nello spazio e invece sono dietro l’angolo più vivi e vitali che mai. Da Capanne di Cosola si scende veloci verso quella pianura e quei paracarri narrati nelle sue poesie in musica. Invenzioni canore ambientate in quel pezzo d’Italia da sala da ballo tra Piemonte, mar ligure e Lombardia.

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PROFILO TECNICO

Si parte da Ponte Nizza per sciogliere un po’ le gambe fino a Varzi, pedalando lungo la valle Staffora sulla strada che porta al Penice. Nelle prime ore del mattino il traffico di auto e moto, è accettabile. Così come nelle ore canoniche della “pausa pranzo” che la Domenica, in questi posti, si protrae non poco.

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Varzi a destra, si attraversa lo Staffora e si seguono le indicazioni per Castellaro (salita impegnativa). Si scende verso Casanova e Santa Margherita da dove inizia la lunga e bella salita al Giovà, tenendosi sulla sinistra orografica dello Staffora (quindi non la strada che passa da Pianostano e Pian del Poggio).

Si sale a lungo e con non poca fatica. La seggiovia e il ristorante sono i primi segnali che si è quasi arrivati, poi sulla destra la strada che proviene da Capannette di Pej, Capanne di Cosola e la ripida e zitta strada che sale da Cabella Ligure. Quindi il passo del Giovà, con il ristorante chiuso e la biforcazione delle strade per Colletta e Brallo sulla sinistra, per Zerba e comunque Brallo sulla destra.

Qualunque sia l’opzione scelta, al Brallo si arriva, salendo e scendendo. Dal Brallo poi, una gran bella discesa riporta in valle Staffora e al punto di partenza, in circa 80 piacevolissimi chilometri e in 1.800 metri di dislivello, sicuramente stimolanti.

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