Passare in mezzo agli ulivi, alla velocità “giusta” (quella della bicicletta, né troppo alta né troppo bassa),  scrutarne l’atavica rugosità, quasi statue,  eppure imbevuti di linfa antica. Pedalare lungo la litoranea, con il mare blu e la terra rossa, il tappeto smeraldo sotto gli ulivi, le masserie bianche di calce come  macchia di colore impastato in un quadro impressionista. E la testa (finalmente?) libera, le gambe che girano quasi staccate dal corpo, e lo sguardo che oscilla tra ruota ed orizzonte: circolare e lineare, come nella vita

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