Passo dello Spluga e Marker formaggino

racconti & riflessioni
passo spluga

Ultimi tornanti prima della vetta

Milano sott’acqua in zona Niguarda” – “Straripa il Seveso” – “Crolla per le piogge una galleria nel cantiere della MM 3” – “Ambulanza bloccata sotto un cavalcavia”, leggo sul Corriere messo a disposizione, di primo mattino, dal gestore secco e grigio dell’alberghetto di Chiavenna nel quale ho pernottato (per partire poi presto, presto ed affrontare il passo Spluga).
Penso:” ho fatto appena in tempo ad abbandonare Milano, ieri sera: solo mezz’ora di ritardo e sarei rimasto bloccato in V.le Fulvio Testi.” Ed intanto guardo fuori dalla finestra: cielo limpido e terso, non una nuvola e il primo sole inizia a indorare le cime rocciose più alte. Giornata ideale, malgrado un venticello teso e pungente.

L’itinerario è molto semplice: da Chiavenna (alt. 332 m.) a Passo Spluga (alt. 2117 m.), passando per Campodolcino e Monte Spluga, in tutto 30 chilometri e 1945 metri complessivi di salita. La strada è di quelle che non ti lascia nemmeno il tempo di riscaldarti un po’: ancora nell’abitato di Chiavenna ti si para di fronte un rettilineo in salita ed i primi due/tre chilometri sono belli in piedi con punte del 8-9%. Poi la salita si fa meno severa fino a San Giacomo e Filippo.

Poche auto, ma fastidiose: il lato negativo delle strade di montagna è che difficilmente sono proprio  “zitte”, perché non hanno alternative: devono passare, e passano, tutti di lì !
Vento teso da monte ! Proprio ora che la salita si rifà impegnativa.

Le gallerie – non poche – non sono illuminate, strette e con il fondo segnato dai solchi provocati dalle catene invernali degli autocarri. E il vento contro ci si infila dentro più vigoroso, costretto nello stretto budello. Altro motivo che ti “obbliga” a rallentare.

Per fortuna si arriva a Campodolcino e la strada si fa pianeggiante – anzi scende un po’, mannaggia – così che puoi respirare. In fondo al paese si pone il dilemma: seguire la statale 36 che scompare in una ennesima ripida galleria e segna 16 chilometri fino allo Spluga o deviare per la SP 1 che si allunga – a prima vista – su di un bel pratone e preannuncia un percorso di 19,5 Km ? Busta numero due. (E poi in discesa constaterò di aver fatto la scelta giusta).

Ma anche qui la strada comincia ad impennarsi con pendenze fino al 14% … e vento da monte, maledizione ! Boschi stupendi, poco traffico, ma una fatica della madonna. Dopo un ennesimo strappo la strada ridiscende (no !!) fino ad Isola la frazione sorta per vigilare sugli impianti idroelettrici azionati dall’acqua del laghetto artificiale. Poi di nuovo la strada sale ripida e vento da monte, vento da monte !

Dopo il bivio per Madesimo (quanti ricordi d’infanzia, quando nella Millecento – 1° serie – del papà si arrancava in cinque, pieni di bagagli, lungo questi ripidi tornanti ! … e l’acqua del radiatore bolliva … – come adesso il mio cervello) si presenta un Belvedere e io ne approfitto per una sosta rigenerante: beverone con potassio e magnesio, barretta energetica e sguardo panoramico su tutta la vallata sottostante: anche l’occhio – e l’intelletto – vuole la sua parte.

Ripartito, incontro – e supero !! (ma aveva una MTB) – l’unico altro ciclista della giornata (almeno da questo versante). Vento da monte ! lo sento imprecare.

Ormai gli alberi si sono fatti molto radi e la strada si snoda sempre ripida anche con strappi del 15%, tra gallerie e pratoni. Ma si arriva sul lago dello Spluga e fino a Monte Spluga la strada si fa quasi piana (+ 10 metri in oltre un chilometro) e le gambe, che ormai vanno da sole, non si sa come, pedalano fino a portarti a 25 km. l’ora !! E c’è vento da monte !! A Monte Spluga faccio un’ulteriore sosta tecnica e di rigerazione, perché lo spettacolo che ti si presenta è (almeno ai miei occhi) orrendo: gli ultimi due chilometri iniziano con un muro ripidissimo e poi un’altro e poi ancora pochi tortuosi tornanti, quasi a segnare l’infinito.

Mi spingo verso la cima, più spronato dall’altro ciclista che fa capolino (si è sicuramente fermato meno di me a Monte Spluga) che non dalla forza delle gambe. E il vento, quasi sulla sella del passo, si fa ancora più bastardo. La mia velocità è tale da indurre una marmotta a volermi venire a vedere da molto vicino: tanto non  mi prendi !
Come in una visione ho l’impressione che mi superi una splendida Mercedes Cabrio 300 SEL del 1954: sicuramente una Fata Morgana provocata dall’aria sottile dei duemila e cento metri

“Alt – Dogana – Controlli doganali” annuncia finalmente un cartello rotondo bianco e rosso. “Sicuramente ci mandano qui i finanzieri in punizione”. Ed infatti nelle casermette e nelle garrite non c’è assolutamente nessuno: né doganieri italiani né doganieri svizzeri

Ma ci sono io. E un ciclista svizzero che arriva dall’altro versante. “Servus”, saluta. “Grue’ Tzie” rispondo io con un filo di voce, poi ci fotografiamo a vicenda col cartello “Passo Spluga” alle spalle: si sa mai che qualcuno non ci creda !

Fa un freddo becco e son sudato. Mi copro con tutta la roba calda che prudentemente mi sono portato e mi butto giù a capofitto sulla strada del ritorno. Su alcuni rettilinei la velocità è dieci volte quella della salita !  Attenzione nelle gallerie !

Sosta pranzo (abbondanti pizzoccheri) a Madesimo (e ancora ….. quanta nostalgia della fanciullezza ! Si vede, che sto invecchiando: mi tornano in mente, come un’ossessione, gli attacchi Marker a “formaggino” e gli scarponi da sci stretti con le stringhe, tipo “stivaletto malese” ed i relativi inizi di congelamento agli arti inferiori).

La via in discesa del ritorno è tutto un deja vu all’incontrario: il susseguirsi incalzante dei ripidi  tornanti della statale 36 – questa volta presa in discesa – il valpolicella superiore del pranzo e l’aumentata ossigenazione dell’aria, fanno sì che mi pare di sognare, le ruote sono eliche che mi portano, volando, sospeso nello spettacolare paesaggio alpestre ….. e alla rotonda di Chiavenna a momenti ti tampono uno svizzerotto, troppo indeciso nell’affrontare l’immissione nel traffico circolare.
P.S.: Chiavenna è un borgo cinquecentesco veramente grazioso e ben curato: vale la visita.

Giovanni Montagna/Veloclub Turbolento/2010

Daniela Schicchi

Marco Pastonesi

Paola Gianotti

Alberta Schiatti

Paolo Tagliacarne

Paolo Della Sala

Anna Salaris

Francesca T

X

SOSTIENI IL PROGETTO LE STRADE ZITTE

L’obiettivo è tutelare e valorizzare il paesaggio italiano. Se condividi la nostra visione, se scarichi le tracce dei percorsi proposti, se vuoi che Turbolento continui a creare nuove Strade Zitte per far conoscere l’Italia meno conosciuta, sostieni il nostro progetto con la tua donazione.

Dona ora
Share This