Proseguiamo il tema del ciclismo femminile da dove eravamo rimasti la scorsa settimana.
In particolare parliamo di di ciclo mestruale. Quest’ultimo rappresenta una questione estremamente soggettiva: può essere un alibi molto efficace per mascherare la pigrizia o un alleato importante per massimizzare l’allenamento.
Nel periodo pre-mestruale e mestruale si assiste a un aumento di peso e ritenzione idrica e si avverte una sensazione di pesantezza e gonfiore.
A volte si tratta solo di vincere quella piccola ritrosia per scoprire che, una volta in sella, la vasodilatazione a livello muscolare tende a ridurre la sensazione di gonfiore e dolore addominale.
Stare in sella durante i giorni delle mestruazioni rimane sempre una seccatura: l’utilizzo della coppetta mestruale in silicone “mooncup” può essere una grande risorsa.
In ogni caso le variazioni ormonali (concentrazione ematica di follicolina e progesterone) non regalano solo brufoli e cattivo umore, ma condizionano il metabolismo aerobico e anaerobico.
Indipendentemente dalle sensazioni soggettive di dismenorrea, nei primissimi giorni del ciclo la donna deve fare i conti con una scarsa percezione dello sforzo e un lieve aumento dei tempi di reazione.
Ormoni, ciclo e allenamento
Per coloro che sono delle patite dell’allenamento e interpretano il ciclo come un’opportunità per sfruttare al massimo le variazioni ormonali, occorre ricordare che quando il livello del testosterone è elevato (dal momento dell’ovulazione fino al ventesimo giorno circa) conviene fare lavori di forza pura.
Quando aumentano gli estrogeni (circa una settimana dopo la mestruazione e per due o tre giorni) conviene fare lavori ad alta intensità e di scarso volume sfruttando la miglior capacità di utilizzare gli zuccheri per incrementare forza e potenza.
Nei primi giorni dopo le mestruazioni può essere opportuno ridurre volume e intensità perché il basso livello ormonale influisce negativamente sull’ossidazione degli zuccheri.
Attività fisica ed ormoni sono quindi strettamente collegati tra loro tanto che un’attività ad elevata intensità aerobica induce alterazioni sul sistema neuroendocrino che possono essere responsabili, soprattutto in età adolescenziale, di un ritardo del menarca o di assenza di mestruazioni (amenorrea).
Ciclismo femminile e contraccezione
Altra questione delicata è l’uso di contraccettivi. O meglio questi condizionano la ciclista?
I contraccettivi possono tornare utili nella programmazione degli impegni agonistici; riducono i fenomeni di dismenorrea, perdita di ferro e di emoglobina: attenzione però, potrebbero ridurre la capacità di produrre lavoro per via aerobica (fino al 15%!) con un po’ più di “affanno” a parità di intensità di esercizio.
Durante la menopausala caduta fisiologica degli estrogeni influisce sulla massima espressione di forza e sulla massima capacità aerobica. In questa fase della vita il ciclismo rimane un’ottima opportunità per mantenere elevato il metabolismo e tenere sotto controllo l’eventuale incombente rischio di accumulare chili.
Teniamo presente, però, che la bicicletta ci pone in una situazione di scarico gravitazionale e le nostre ossa hanno bisogno di lavorare in carico per ricevere stimoli che contrastino l’osteoporosi per cui occorre prevedere un lavoro complementare specifico al di fuori dell’attività ciclistica.
Dopo avere considerato gli aspetti fisiologici e antropometrici relativi al ciclismo al femminile su quali è possibile lavorare per migliorarsi?
Principalmente sui punti deboli, primo fra tutti la forza, ma anche sulle abilità di guida.
Forza e abilità di guida, armi segrete
La forza, spesso trascurata (col timore infondato che “vengano le gambe grosse”), deve essere stimolata in modo costante e continuativo, come e più dei ciclisti uomini. Con esercizi specifici mirati sia in sella che a secco. Tutto l’anno.
Non solo per i cosiddetti “prime movers” ma anche per la muscolatura accessoria di tronco e braccia (meglio ancora se rinforzati contemporaneamente) che abbiamo visto essere i distretti muscolari più deboli: la loro efficienza è fondamentale poiché permette di ancorare il fulcro della ciclista garantendo una pedalata efficace senza dissipazione di energia.
Con braccia e “core” forti pedalare in piedi in salita o spingere a tutta in pianura diventerà quasi (quasi!) un piacere.
Lavorare sulla forza non significa, come ancora troppo spesso si vede fare, pedalare sempre spingendo rapporti duri a bassa cadenza: quanto piuttosto effettuare costantemente lavori specifici come ripetute in salita, regressioni di forza, partenze da fermo eccetera, che possano mantenere e incrementare le diverse espressioni di forza.
E poi lavorare sulla cadenza in modo specifico: sfruttare al massimo l’agilità di cui le donne sono dotate.
Forza e agilità non possono prescindere l’una dall’altra proprio perché la potenza è la risultante della forza per la cadenza.
Occorre imparare a “girare agile” e poi “a spingere duro” mantenendo l’agilità.
Resistenza e ciclismo femminile
Non trascurare inoltre il lavoro sulla resistenza. Le donne possono sostenere gli stessi volumi di allenamento degli uomini e, quando ci si mettono, hanno grandi potenzialità sulle lunghe e lunghissime distanze… solo che a volte non ne hanno consapevolezza.
Da un punto di vista psicologico gli uomini tendono a imputare le proprie “defaillances” prestative ad una mancanza di forma, le donne ad una incapacità tecnica.
In questo ambito le donne hanno ampi margini di miglioramento; si tratta di prendere un po’più di confidenza con lo stare in sella: gestire il proprio peso sulla bici, il carico sui pedali, sfruttare la scia, scegliere il rapporto più efficace, frenare sul bagnato, impostare una traiettoria in curva ecc…
Se l’uomo interpreta il ciclismo come momento elettivo per esprimere le sue capacità la donna tende ad assaporarne maggiormente gli aspetti più conviviali, esplorativi e ricreativi.
In bicicletta sperimenta la possibilità di andare, di esplorare e di sognare vivendo appieno il senso di libertà che le due ruote le offrono.