In fuga lungo il Naviglio

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in fuga lungo il naviglioSi parte da San Cristoforo perché è una chiesa romanica pur essendo milanese, perché è un santo, non un santo qualsiasi, ma il santo dei navigatori e così anche dei navigatori a pedali, perché è in un certo punto iniziale del Naviglio, soprattutto perché da un certo punto iniziale bisogna pur iniziare, anche se lo stesso punto può essere finale e in quel caso infatti poi si finisce e si torna a casa.

Ma qui è l’inizio, la partenza, il pronti-via. La chiesa con il suo sagrato, il campanile con le sue campane, il Naviglio con il suo ponte. E la strada con i suoi corridori, a piedi, in bici, in canoa, in kayak, più qualche irriducibile in macchina, che sembra fuori dal tempo e soprattutto fuori dai giochi. Intanto, aspettando, me la godo: la scritta sulla sponda “ci sono vite che capitano e vite da capitano”, l’insegna “Verde Pisello il club dei trop runner”, la corrente del canale, il cielo sopra Milano. L’attesa è il massimo, i preliminari il meglio.

Il Naviglio – Alzaia Naviglio Pavese, trionfo di maiuscole – è una palestra rettilinea e chilometrica, aerobica anche se non si sa quanto salutare, democratica nell’età corrente, nel conto bancario, nell’andatura velocipeda e velocifera. Frullano maglie della Genova 1913 e della Zanazzi, scarpe dei Road Runners, remi della Canottieri Milano. Con tanto di braccia cinturate e connesse ufficialmente da radio, telefoni, satellitari, computerini e tatuaggi.

C’è chi va e chi torna già, c’è chi arranca e chi annaspa, c’è chi si torchia e chi forse rimorchia, c’è chi sprinta e anche chi sputa, c’è chi caracolla e chi crolla, c’è chi fischietta e chi – ma sull’altra sponda – fiaschetta, non si sa se in ritardo quasi fuori tempo massimo dalla notte precedente o in significativo anticipo alcolica sulla tabella odierna. Ma è un bel viavai, un colorato andirivieni, un atletico ambaradam.

Così si parte da San Cristoforo perché pedalare è un po’ come pregare, un po’ come cantare, un po’ come confessarsi e comunicare, un po’ anche come scambiarsi un segno di pace, nella sua ritualità, nella sua purezza, o meglio purificazione.

Finché arriva Paolo, e si comincia a pedalare. Nella circostanza: una classica #cronozanazzi. Le bici vanno a memoria.

Daniela Schicchi

Marco Pastonesi

pasto

Matteo Cardani

Alberta Schiatti

Paolo Tagliacarne

Paolo Della Sala

Piero Orlando

Anna Salaris

Francesca T

Federica Gallo

Daniela Della Ragione

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