
“Ragazzi io vorrei fare il Monte Serra; e se voglio arrivarci in tempo mi devo sganciare ora” “Vai, non ti preoccupare noi andiamo del nostro passo ci vediamo dopo!”
Così finiva la prima parte di questo lungo racconto, che riprende con la discesa verso Firenze.
Firenze in giallo
E quindi parto a tutta verso Firenze. Ora in Valdarno il panorama si apre ancora di più; io non è che me ne accorgo più di tanto perché sto tirando per riguadagnare tempo. Il grosso del gruppo è avanti, non ci sono più corridori della Chase sparsi per strada e quindi spingo avanti fino a che i campi non si trasformano in giardini di ville e i giardini di ville non si trasformano in file di case più fitte.
Dopo una svolta vedo per la prima volta la cupola di Santa Maria del Fiore. Sto arrivando a Firenze in bicicletta, è una vista che mette impressione, è indescrivibile. Firenze nei giorni che precedono la partenza italiana del Tour, è tutta gialla.
Firenze vive un’atmosfera speciale, il Tour è un fenomeno che non era mai arrivato qua e che sta coinvolgendo tutti; i ciclisti della Chase si fanno le foto davanti ai manifesti del Tour; passo accanto a Ponte Vecchio ed anche qui una sensazione incredibile, non avrei mai pensato di passare da Ponte Vecchio con la bicicletta! Mi faccio strada tra la folla dei turisti, è bellissimo, e poi ancora avanti, non c’è tempo per fermarmi. La traccia porta al Ponte all’Indiano, faccio un po’ di chilometri con un gruppetto di inglesi, passo il Parco alle Cascine e poi avanti. Verso Comeana trovo un ciclista con una ruota a terra, gli presto qualche attrezzo e poi si riparte verso Carmignano. I panorami sono fantastici, qua la giornata è bellissima, l’aria tersa, la campagna toscana è al massimo splendore. Da Comeana attacco la salita che mi porterà al Pinone, dove c’è il punto di ristoro e l’OK-point col cancello di chiusura. La salita devo dire che la soffro parecchio, anche perché ingaggio un duello con un tipo in mountain bike che tira a manetta e non vuol mollare, come me. Mannaggia, non molla! Arrivo trafelato al Pinone, è pieno di sunchasers, mi rincuoro perché ritrovo una grossa parte del gruppo. La pastasciutta al ragù del Pinone ancora me la ricordo: avevo una fame da lupi e non ne potevo più di barrette e gellini. Una bottiglietta d’acqua fresca e sono pronto a ripartire mentre il Curta e il Puma arrivano: “Paolo, sei sicuro di farcela? Guarda che sei al limite dell’orario per il Monte Serra”. “Ci voglio provare in tutti i modi. Ci si vede dopo!” E via con un’altra cronometro lunghissima, i gruppi ormai si sono frazionati e incontro pochi ciclisti sul percorso. Spettacolare il tratto in discesa dal Pinone, la strada è morbida, piena di belle curve e panorami splendidi. Avanti fino a Vinci, poi Cerreto Guidi, a un certo punto inizia un tratto incredibile, via delle Pinete, un lunghissimo tratto in mezzo ai boschi, senza incontrare una casa. Incontro paesini che non avevo mai sentito nominare fino a che non vedo il cartello di Bientina; mi dico dai che sono vicino, dai che ce la faccio. Il sole sta cominciando a mollare la sua presa, ecco Cascine di Buti e poi finalmente Buti.
Il Gigante pisano
Prima della salita c’è un punto di ristoro, prendo l’ultimo caffè e un po’ di sali, per stemperare la tensione mi metto a chiacchierare con un gruppetto di chasers inglesi, scherziamo un po’ sull’accento di Geraint Thomas, e chiedo se faranno il Monte Serra, l’ultima salita, opzionale. “Aaaah nooo, no more climbs, ha ha, we go to Pisa!” Non hanno tutti i torti; facciamo qualche centinaio di metri insieme poi loro girano a sinistra sulla traccia per Calci, io a dritto verso il gigante che tiene separate Pisa e Lucca. Il Monte Serra da Buti è tosto, e ho già oltre 200 km nelle gambe. Le prime rampe le faccio bene poi la strada comincia a picchiare duro; sulla cima si addensano anche dei nuvoloni neri, l’umore comincia a vacillare, inizio a dubitare se ce la farò; vado in crisi e devo raschiare il fondo delle forze mentali per non mollare. “Non pensare guarda l’asfalto che scorre, non pensare…” Il problema è che l’asfalto scorre poco; metto il rapporto più agile e salgo ma salgo piano, e avanti una pedalato dopo l’altra. Soffrendo come un dannato mi viene l’idea di mettere un po’ di musica. Cerco il telefono: metto Chase the Sun dei Planet Funk, mi aggrappo alle note per non pensare alla fatica.
Up spinning around
Circles in my mind
Sailing over ground
E un metro dopo l’altro, inaspettatamente vedo lo scollinamento. Incredibile. Mi precipito al ristorante I Cristalli, timbro il roadbook, metto il giubbino da vento e riparto a capofitto in discesa. Vento, tramonto, un panorama vastissimo si apre sotto al Monte Serra, e giù verso la pianura di Pisa. Arrivo a Calci, passo la Certosa e la Casa del Popolo, poi arrivo al Bike Village.
Zazzarazzà
Appena entrato sento una voce nota: non ci posso credere, è il Curta che sta ammorbando di chiacchiere qualcuno. “Curta, Puma!” “Paolooo, ce l’hai fatta!”. È una festa, ora sì che si può chiudere la Chase tutti e tre insieme. Si riparte scherzando e ridendo lungo l’acquedotto mediceo che porta a Pisa. Se ci fosse una colonna sonora ora dovrebbe proprio partire Bartali di Paolo Conte; siamo qui e si arriva in fondo insieme, a suon di bischerate. È un’emozione immensa entrare in Piazza dei Miracoli in bicicletta. Arrivarci così questa piazza è se possibile ancora più strabiliante. È difficile ripartire perché vorremmo rimanere lì a fare foto all’infinito davanti a quella bellezza.
Invece si riparte, si torna a passare l’Arno e poi giù verso San Piero a Grado, passando davanti alla meraviglia delle tre absidi di quella che era la chiesa presso l’antico porto di Pisa.
Proprio quando le mie gambe cominciano a essere legnose il Curta parte in fuga e il Puma lo insegue. Porca miseria mi tocca spremere le ultime forze e via di puro cazzeggio a battagliarci.
Marina di Pisa, sono gli ultimi chilometri, felici ma al tempo stesso malinconici. Dal mare arriva un libeccio forte, il cielo si è coperto, si sente che sta per finire una grande avventura ma ce la godiamo fino in fondo. A Tirrenia è l’imbrunire, si imbocca il lungomare, l’ultima svolta a destra, si entra nel vialetto che porta al Bagno Siria. L’arrivo lo tagliamo insieme, è bellissimo perché quando arriviamo scatta l’applauso, è un momento che ricorderò sempre.
Ci abbracciamo e ci facciamo le foto, ce l’abbiamo fatta! Dopo 13 ore in sella, 282 chilometri, 3090 metri di dislivello possiamo scendere dalla bici. Sono felicissimo perché questa Chase the Sun Italia l’abbiamo fatta ciascuno con il suo stile e siamo riusciti ad arrivare insieme. Per me è stata la prima Chase, la quinta per il Curta e il Puma ed è un’emozione incredibile, stringiamo mani, salutiamo ciclisti poi doccia veloce e ci fiondiamo a mangiare con un immenso piacere il risotto di mare, la frittura e tutto il resto.
POI LA STRADA LA TROVI DA TE
È stato un lungo percorso di preparazione con tanti interrogativi, qualche intoppo, un bel po’ di mal di gambe, ma ce l’ho fatta. A volte bisogna lasciare andare l’immaginazione oltre quelli che si pensa siano i propri limit
i. Meglio se hai un folletto accanto che ti dice “Ma va’ non ti preoccupare vedrai che ce la facciamo!”
…PORTA ALL’ISOLA CHE NON C’È.
Appuntamento alla prossima avventura in bicicletta, alla prossima Strada Zitta, perché in ogni caso l’avventura più bella… è sempre la prossima.
Racconto e riflessioni di Paolo Rossi Turbolento