Giro delle Terre Brigasche

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Giro delle Terre Brigasche: gravel o MTB?

“Ma è gravel questo?”. “No, è MTB“. “Sì, è gravel per bici carrozzate”. È più o meno questo il dilemma che ha accompagnato l’allegra brigata di ciclisti nelle quasi 14 ore in sella (per me, per altri molto meno) al Giro delle Terre Brigasche, la splendida randonnée organizzata sabato 28 giugno dall’Asd Blu di Mare Circolo Parasio nella zona delle Alpi liguri, tra la Region PACA e il Parco del Marguarais.

Splendida, ma impegnativa. La prova del campionato Gravel ARI prevede un itinerario ad anello di 100 chilometri con 3000 metri di dislivello (dichiarati, quelli reali saranno di più) che parte dal Colle Melosa in provincia di Imperia, entra in Francia attraverso la Val Roya, risale in Italia dal Piemonte e percorre tutta l’Alta Via del Sale fino a rientrare in Liguria; poi su al passo Tanarello a 2042 metri e giù al Rifugio Allavena, punto di partenza e arrivo.

Un’infinita serie di sentieri e strade bianche, ghiaiose e rocciose (asfalto davvero poco) si snoda tra salite, discese, tornanti sospesi e alcuni passaggi arditi; per lunghi tratti oltre i 2.000 metri di quota. Intorno, paesaggi spettacolari che variano dal verde degli alpeggi al bianco delle rocce calcaree, attraverso boschi di larici e abeti, vallate e montagne sorprendenti, in cui si nascondono fortificazioni, bunker e batterie militari che hanno fatto la storia.

Una prova ben oltre il mio livello di allenamento, come era chiaro fin dalle premesse. Ma il richiamo di quelle montagne è forte. Le conosco per averle attraversate già due volte. L’anno scorso, un itinerario simile in due giorni, con una MTB bi-ammortizzata. Ora voglio mettermi alla prova: tutto il giro in una volta sola, tante ore, tanto dislivello, tanto caldo (la temperatura sarà fissa sopra i 30 gradi anche in quota), con una gravel sui ghiaioni di montagna.

Il giorno della verità

Alle 7.30 del mattino il gruppo è schierato davanti al Rifugio Allavena: 8 ciclisti pronti all’impresa. Facce serene, da randonneur navigati (io un po’ meno). Luca, organizzatore e accompagnatore, ci avvisa: “la strada del colle di Tenda è chiusa, probabilmente dovremo fare la valle di Spegi, un po’ più dura”. Il monito.

La partenza è col botto: 5 km di salita su terreno scassato fanno capire subito che non sarà una giornata facile. Luca – oltre che ciclista, appassionato di storia e guida turistica ad honorem – ci mostra i primi bunker nascosti, accompagnando la brigata con i racconti delle grandi opere di ingegneria militare.

Sono attrezzato per ogni evenienza, pure troppo: 3 borracce, 2 banane, 2 mele, decine di gel e barrette, persino un pezzo di farinata avanzato. Gli altri pedalano decisamente più leggeri.

In cima incontriamo un ragazzo con la faccia sconvolta, spinge a mano la sua bicicletta; si è perso, ha dormito all’addiaccio, ha il telefono scarico, niente da mangiare e da bere. Gli diamo alcune indicazioni e rifornimenti, ed è l’occasione per liberarmi dal peso: acqua, frutta e qualche barretta.

Inizia la discesa in direzione La Brigue, in Francia, dove si incontra la bellissima chiesa di Notre Dame des Fontaines (Madòna dër Funtan in Brigasco), la “Cappella Sistina delle Alpi” per i suoi affreschi medievali che certo meriterebbero una visita, ma per esigenze di “performance” si tira dritto.

Come annunciato, la strada che si arrampica lungo i tornanti al Col di Tenda è chiusa per lavori. Bisogna fare una deviazione. Incontriamo dei pastori che parlano italiano (tutti lo parlano in queste zone che erano Italia fino al 1947, anche se la vera lingua universale è il dialetto brigasco).

“Salite da Spegi? Ahia, è dura”. Avevano ragione. La salita è tosta, il terreno è sconnesso, le ruote perdono aderenza, il caldo è torrido. Le successive due ore per me sono di assoluta sofferenza. Il gruppo si divide, i primi si staccano e rimango a inseguire gli ultimi tre con cui condivideremo il resto del tour, con ritmi, fortunatamente, più rilassati. La deviazione per strada chiusa ci ha regalato una decina di chilometri e qualche centinaio di metri di dislivello in più.

Una volta in cima, si riprende fiato.

Una volta in cima, si riprende fiato. Mi fermo ad ammirare il paesaggio, ora decisamente alpino, pratoni verdi e vette aguzze. Cerchiamo l’acqua, quassù le fontane non ci sono, bisogna arrangiarsi con qualche ruscello e un po’ di fiducia. Un gel e una barretta, le gambe iniziano a girare. Si attraversa in bici lo spettacolare Forte Centrale in cima al Colle di Tenda (siamo ancora in Francia, ma qui il confine è a zig zag, un po’ di qua e un po’ di là). E si continua a salire, fino alle stazioni sciistiche di Limone Piemonte. Troviamo un bar, l’unico punto di ristoro dopo 6 ore di pedalata. “Non siamo ancora aperti per la stagione, ma posso darvi una parmigiana di melanzane”. E via, con la parmigiana.

Ripartiamo lungo l’Alta Via del Sale, la spettacolare e, giustamente, famosa strada bianca che collega le Alpi Piemontesi e Francesi al Mare Ligure: un antico collegamento di 30 chilometri tra Limone Piemonte (Cuneo) e Monesi di Triora (Imperia), sempre tra i 1800 e i 2100 metri di quota. A volte scavata nella roccia, altre volte galleggia nel vuoto sui tornanti sospesi a strapiombo. Si viaggia accompagnati da marmotte e uccelli rapaci. Ogni curva regala una vista diversa, vorrei fare mille foto, ma meglio tenere le mani sul manubrio. Qualche moto da enduro e qualche fuoristrada (è aperta ai motori nel weekend) obbligano a fare attenzione. E bisogna stare attenti soprattutto perché, dopo ogni strappo in salita, iniziano discese sconnesse che richiedono prudenza.

Eccoci al rifugio Don Barbera, al Colle dei Signori, ai piedi della Punta Marguareis, in tutta la sua magnificenza calcarea.

Che spettacolo, ragazzi. È alta montagna, ma si respira già l’odore del mare giù in fondo. Nessuna sosta, abbiamo i rifornimenti, la strada è ancora lunga, ci aspettano altre salite toste. E soprattutto discese tecniche “da MTB”, dice qualcuno, “bene anche con la gravel se hai i copertoni giusti” dicono altri.

Di sicuro, nelle pietraie si prendono tante botte. Comincio a sognare una CocaCola. E al casello di uscita dell’Alta Via del Sale il miraggio: “bibite fresche”. Ma sono finite, solo acqua. Si va avanti e, inspiegabilmente, faccio meno fatica che all’inizio.

Sono in sella da 10 ore, si entra in quella fase “zen” in cui si va avanti per inerzia. Anche se gli sforzi vanno affrontati con calma: i 3 km di salita dolce al Passo Tanarello sembrano il Mortirolo. Ma è molto peggio la discesa successiva: quasi un rock garden, punti esposti e rischio serio di cadere tra le pietre.

E non è finita, mancano gli ultimi 7 km di risalita e 5 di discesa finali, tutti rocciosi. Le gambe non ce la fanno più e ancora di più le braccia, ma ormai la voglia di arrivare vince su tutto. Raggiungiamo il tr

aguardo con 3compagni di avventura e 13 ore e 51 minuti complessivi.

Si festeggia, siamo arrivati prima del tramonto, sotto le 14 ore e 30 di limite massimo. I più veloci hanno tagliato il traguardo 3 ore prima.

Il Garmin riporta 111 chilometri e 3.288 metri di dislivello. È stato duro, ma bellissimo.

Questo Giro delle Terre Brigasche è uno spettacolo da ripetere, per la fatica, la bellezza e quel senso di conquista che solo certe montagne sanno regalare. Quello che non ho ancora capito è: meglio la gravel o la MTB?

A cura di Piero Turbolento Orlando

Daniela Schicchi

Marco Pastonesi

Paola Gianotti

Alberta Schiatti

Paolo Tagliacarne

Paolo Della Sala

Anna Salaris

Francesca T

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