Romagna, la mia piccola Cina che pedala senza posa. Le voglio bene anche perché non ha rinnegato la bicicletta. Questa fedeltà silenziosa, mai interrotta, neppure in tempi di crescita e d’abbondanza, è una delle profezie civili dei romagnoli, non smentite neppure quando Armstrong lasciò sulla Luna l’orma della sua scarpa. Quell’approdo, si disse, rimpiccioliva il mondo . Gli psicologi gozzovigliarono sull’avvenimento: ci avvertirono che il rapporto causa-effetto avrebbe assunto un’altra velocità, che non
sarebbero stati più gli stessi problemi, le abitudini e i gusti del nostro vivere quotidiano.
Fece eco a quelle minacce anche un giornale sportivo: “Che ne sarà della bicicletta, ora che l’uomo si misura col cosmo?“…Quando l’abuso automobilistico, insidiato dalla crisi energetica, cominciò a rifluire, ci fu dappertutto uno svelto frugare tra i ferri vecchi per ritrovare la bicicletta; dappertutto fuorchè in Romagna, dove la gente non l’aveva mai ripudiata.
Non era, e non è, una poetica delle piccole cose, un pensare agreste, casto e rassegnato, né un’abitudine alla penuria: in questa terra continuamente rinnovata dalla modernità dei suoi desideri, la bicicletta, al contrario è un modo di accordare la vita con il tempo e lo spazio, è l’andare e lo stare dentro misure ancora, non so per quanto, umane.
Sergio Zavoli