Facciamo che … Come quando si giocava da bambini, reinterpretando i luoghi conosciuti e trasformandoli in sfondi nuovi per avventure fantasticate. Si sa la bici è un mezzo capace di farti viaggiare nei luoghi come nel tempo e a volte chi pedala è il bambino che non hai mai smesso di essere. Quindi: facciamo che … questa volta andiamo in giro di notte.
Lui, il ciclista dell’Appennino – Luci sul manubrio, partiamo per un itinerario tra le frazioni dell’alta Val Nure: Cogno San Savino, Cogno San Bassano, Passo dellaCappelletta, Mareto. Strade poderali, tra boschi e campi, vecchi sterrati riasfaltati tempo fa e presto tornati alle precedenti condizioni.
La notte è di luna quasi piena, i lampi di un temporale sulla pianura accendono a tratti il contorno delle alture. La strada però si butta subito tra gli alberi e nel buio. I fasci delle nostre luci funzionano da lanterna magica: le nostre ombra, ingrandite ed allungate si proiettano su fronde e cespugli e ci precedono nel percorso, quasi ad indicarci la strada. Pochi minuti bastano per prendere confidenza e decidere di abbassare l’intensità dei fari e dare più fascino alla pedalata. Meno luce e più rumori: cicale insistenti, abbaiare di cani, fruscii e scalpiccii. Gli occhi di un gatto sono due piccoli specchi luminosi in uno spiazzo. Più avanti, dopo una curva, un altro riflesso sulla strada: è un barbagianni posato sull’asfalto. La luce bassa non lo disturba: ci guardiamo per una decina di secondi, il tempo di pensare che lì sono io la presenza estranea. Quando arrivano altre voci e altre luci si volta, spiega le ali e svanisce nel buio con il volo silenzioso del rapace.
Facciamo una prima sosta sotto la croce luminosa della chiesa di San Bassano, affacciata sulla valle: di fronte il profilo dei monti (Santa Franca, Tre Abati, più in il fondo Monte Nero e le cime gemelle del Bue e Maggiorasca), sotto il riflesso del Nure e le luci di Farini.
Risaliamo sulla strada verso il passo della Cappelletta, tra Val Nure e Val Perino e incrociamo le uniche due auto di tutta l’uscita. Al passo deviamo sulla strada di crinale che salein un bosco di faggi ed abeti. Notte, buio, bosco, rumori; in questo spazio il bambino che pedala ritrova tutte le proprie fantasie e paure: i passi dei lupi, streghe e fantasmi, agguati di banditi o ribelli con archi e frecce. Il ciclista adulto controlla fantasie e bicicletta: in silenzio, ritmo tranquillo, fruscii di catena sui pignoni, la strada sentita e intuita più che vista.
Terminato il bosco ritorna la luna: discesa su Mareto, di nuovo affacciati sul Nure. Ancora lampi dietro i colli, lo scroscio della fontana di Vediceto: siamo arrivati.
Lei, la ciclista Alpina
Era una bella serata estiva: in collina, al fresco. Cena da Gianna a San Savino: non troppo, per favore, dopo torniamo a casa in bici… ma come si fa a non mangiare troppo da Gianna? Così, pieni di energia dopo tagliatelle ai porcini e frittata, siamo pronti per tornare a casa. Unico particolare: è ormai buio. Luci accese, perché non facciamo che …allunghiamo il giro? In fondo sono solo le 22.00. C’è luna piena, temperatura mite. È da questo momento che la nostra tranquilla serata estiva si trasforma in qualcosa di magico.
Il silenzio. Silenzio ovunque. Solo il fruscio delle bici sull’asfalto, qualche rumore di cambio quando la strada sale un po’. Ogni tanto ci fermiamo. Anche noi in silenzio: ci sentiamo parte di questo altro mondo notturno. Spegniamo le luci e restiamo fermi ad ascoltare. Il silenzio del bosco della Valnure. Appena rotto dal vento fra le piante, da qualche animale nel bosco. Dal battito d’ali leggero di un rapace che spicca il volo.
I profumi. Del bosco, del legno, delle piante e dei fiori. Dei funghi prossimi a nascere. La natura che rivive nella notte, libera i suoi profumi in modo più intenso e selvaggio. O forse sono i nostri sensi, più vigili, che riescono a percepire ciò che normalmente non fanno. Sorpresi per la trasformazione di un luogo che tante volte, forse distrattamente, abbiamo attraversato. Riscopriamodi avere cinque sensi. Sensazioni intense e primitive: un ritorno alle origini?
Le forme. Ombre proiettate sull’asfalto dalle nostre luci e dalla luna piena. Ombre nel bosco, forme scure imponenti, alte, indistinte. Incutono timore e attraggono. Tutto è più grande di notte. Tutto è misterioso e affascinante. Perché sconosciuto? Non basta la luce dei fari puntati per scoprirlo.
Il sogno. A tratti, sembra di sognare. Sarà l’effetto del vino della Gianna? La strada sale, in continua progressione. Ma si pedala senza fatica: svanita, come in un sogno. Resta la leggerezza, la sensazione di pedalare nel vuoto e di procedere per incanto come se un soffio di vento alle spalle ci spingesse. Solo un fascio di luce davanti a noi ci indica la strada da seguire: luce dei nostri fari? della luna? difficile distinguerli.
Il rispetto. Fari bassi, ancora più bassi per rispetto. Silenzio, nessuno parla, solo ogni tanto qualche parola sottovoce per indicare dove fermarsi. Soste necessarie, per far decantare le emozioni di questa immersione nella natura.
Eh sì, basta poco per riscoprire un luogo che si credeva fin troppo conosciuto e per questo, forse, un po’ trascurato. Come ripercorrere una strada di notte, per esempio: tutto si trasforma e ci appare diverso, nuovo, magico. Questa almeno è stata la nostra esperienza. Che ne pensate? Avete anche voi un “facciamo che…” da raccontare?